CyberSix è uno dei più audaci azzardi dell'Eura Editoriale. Compare sulle pagine di uno degli storici settimanali dell'Eura, Skorpio, a metà del '92, con una serie regolare di mini-episodi settimanali. Un successo di pubblico e di critica che prosegue per più di due anni porta l'Eura alla puntata più rischiosa: liberare CiberSix dalla prigione delle dodici tavole e proporla come serie monografica, con episodi autoconclusivi a novantasei tavole e mantenendo e rimpolpando la continuty fin lì intessuta.

Quarantacinque, dispari, rosso. Sì, d'accordo, i numeri della roulette arrivano solo al 36 - ma la serie regolare di CyberSix, tra mensili e bimestrali e formati più o meno tascabili, arriva al quarantacinquesimo numero senza batter ciglio. Purtroppo gli ultimi numeri sono accompagnati da una frattura tra l'autore Carlos Trillo e la casa editrice, il che conduce al "finale-non-finale" del numero 45 e all'abbandono della serie. Sulle nature della frattura ci sono voci diverse anche tra gli addetti ai lavori, quindi mi limiterò all'usurato cliché delle "differenze artistiche".

Ogni successo ha le sue ragioni. CyberSix, ad esempio, ha avuto successo perché era ed è un bel fumetto seriale, inserito in un panorama in cui ormai il fumetto seriale, Giappone escluso, stava naufragando nella noia: Bonelli in declino verticale, Marvel nel bel mezzo del baratro, DC importata a pezzi e bocconi. Emergevano giusto allora gli indipendenti nostrani (i primi Rat-Man autoprodotti, le prodezze di Bartoli & Domestici...), furoreggiavano commercialmente gli ultimi manga di qualità (prima dell'appiattimento, prima della fiera delle ristampe, "prima dell'oscurantismo, prima dell'Impero"), e chi ha avuto carte buone da giocarsi e un po' di fortuna è riuscito a farsi vedere, conoscere, apprezzare.

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