Perché Unbreakable, per buona parte, è costruito come un gioco ad incastro, un complicato puzzle a più livelli e dimensioni. Alcuni incastri sono facili da trovare. Elijah Price, l’Uomo di Vetro: nasce riflesso da uno specchio; ricompare, adolescente, riflesso da un televisore; si presenta, adulto, riflesso da una lastra di vetro; lascia un biglietto da visita su un parabrezza; cammina aiutandosi con un bastone di vetro (viola). David Dunn, l’eroe mancato, accompagnato ad ogni passo dal senso di colpa di chi non sta facendo tutto quello che potrebbe (e Shyamalan insiste, mette il dito nella piaga). E ancora le mille coincidenze, i numeri che ricompaiono, il leitmotiv dell’immagine riflessa, del mondo capovolto.

Shyamalan è un maestro dell’inganno, come ha già dimostrato con The Sixth Sense. La trama di Unbreakable, così semplice e lineare, non può che essere un trucco. "E` tutto troppo tranquillo... Stai in guardia!", direbbe l’Eroe alla Fedele Spalla (nonchè Pupillo, c’è da scommetterci). Anche il finale "a sorpresa" non è che uno specchio per le allodole: d’accordo, Elijah ha provocato disastri di proposito, e allora? Tutto qui?

Certo che no. Sappiamo già che Elijah è il cattivo. Si veste di nero e di viola (ma tu guarda!): niente colori patriottici, né rassicuranti verdi, né sfavillanti gialli-dorati. E` a suo modo un essere deforme (deforme dentro, nelle ossa e nell’anima, dove non si vede... deforme e infido). La sua visione del mondo è per forza di cose distorta, obliqua come i capelli che porta, a rovescio come l’immagine riflessa da una lastra di vetro. E` l’esatto contrario di David in ogni dettaglio, fino al colore della pelle (la qual cosa ha portato qualche anima bella a mormorare accuse di razzismo... accuse che, rivolte ad un tal Manoj Nellyattu Shyamalan dalla carnagione color rovere, fanno sinceramente ridere). E poi, ci sono i bambini. I bambini di questo mondo da fumetto travestito da mondo reale, che istintivamente intuiscono il Male e il Bene, che vedono al di là delle apparenze, che già sanno come vanno le cose, sanno chi dileggiare con nomignoli da uomo nero.

Dov’è la vera sorpresa, allora? E` difficile, dice un vecchio proverbio, trovare un gatto nero in una stanza buia, soprattutto se il gatto non c’è. La sorpresa finale alla Twilight Zone, il rovesciamento di prospettive che ci fa improvvisamente render conto di aver appena assistito a due ore di menzogne o di false impressioni, Verbal Kint che smette di zoppicare e si sgranchisce la mano rattrappita: non c’è niente di tutto questo. La cosa vi sorprende?

Da questa parte, per favore... e attenti al gradino.

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