Seteh
di Francesco Barilli

Entrando nel laboratorio saluto subito Angelo e Maurizio, scusandomi per il ritardo. C'era molto traffico, ho piantato la macchina lontano, e mi sono fatto una bella camminata per arrivare all'Università. Ora mi tolgo il cappotto e anche il freddo mi lascia.
Maurizio mi dà una pacca sulla spalla mentre indosso il camice, chiedendomi del tempo. Francamente non vedo come possa fregargliene qualcosa in questo momento. Capisco che sia emozionato e che non lo voglia far notare, ma potrebbe essere un po' più originale. Sì, i marciapiedi ormai sono liberi dalla neve. Comunque fa ancora un freddo boia. Sì, peggio dell'anno scorso...
Angelo invece è già all'opera. Mi ha salutato a malapena. Conoscendolo direi che qualsiasi parola di scusa per i miei venti minuti di ritardo non sarebbe accettata. Troppo preciso, pignolo... Lui non sarebbe mai arrivato in ritardo in un'occasione come questa. Sta già sistemando gli elettrodi sul corpo del cadavere composto nella vasca di zinco, immerso nella soluzione che ha studiato assieme a Maurizio. Ci sono voluti due anni per arrivare al composto definitivo, non mi sembra poi la fine del mondo un ritardo di venti minuti!
Angelo, il chimico... Angelo mi sorride, ora. Il lavoro che si sta compiendo e la consapevolezza di essere ad un passo dalla grande impresa lo fanno rabbonire. Probabilmente gli sono tornato persino simpatico... Maurizio è più agitato, meno sicuro. Continua a sorridere e a strizzarmi l'occhio, manco fossimo ad un party.
Non so se loro stiano guardando la mummia col mio stesso spirito. Non credo. Ricordo che quando parlavo loro dei giorno del ritrovamento mi ascoltavano a malapena. Una mastaba(1) non dissimile da quella di Nagada, dove si dice seppellito il re Menes, fondatore della prima Dinastia di Faraoni. La lastra del sepolcro cominciò a stridere e a sollevarsi, e contemporaneamente le mie mani - che pure non armeggiavano sugli argani - cominciarono a sudare; i miti di Lord Carnarvon e di Howard Carter(2) dentro di me, pagine e pagine di libri che diventavano realtà, il sarcofago avvolto da un enorme drappo di lino... Poi nel laboratorio l'apertura della cassa, i sudari anneriti dalle resine chimiche. E poi il corpo, magrissimo ma intatto, e soprattutto con ancora gli organi interni conservati miracolosamente, unica eccezione nota al mondo al metodo di imbalsamazione tramandatoci da Erodoto.(3)
L'uomo doveva essere stato un nobile, vissuto nel 2820 - 2780 a.C.; così facevano supporre i materiali usati per la Mastaba, gli utensili e il mobilio presenti nella tomba, che dovevano alleviare al corpo e al suo "ka"(4) l'attesa del giudizio di Osiride. Lo chiamai Seteh, il nome Egizio del mitologico Tifone, che seppe sconfiggere lo stesso Zeus. Nome pomposo, lo riconosco, ma ero talmente eccitato che in quel momento mi sembrò non dico il nome più adatto, ma l'unico possibile.
Lì terminava il mio compito e cominciava quello di Angelo e Maurizio che ancora stanno trafficando, ora insieme, attorno agli elettrodi. Curiosi, questi scienziati: proprio adesso che sono ad un passo dalla realizzazione del loro lavoro hanno perso la loro patina di fredda competenza. Proprio ora Angelo ha detto "merda", contrariato da qualcosa che non ho capito. Io non amo mescolarmi con gli scienziati, nel mio lavoro. Li rispetto, ma non li capisco. Strana gente, tutta tesa alla meccanica delle cose...
Probabilmente dovessero ricreare il mondo rifarebbero gli uomini con pistoni e carburatori, mentre noi antropologi daremmo un cuore pure alle macchine.
Seteh è immobile e indifferente. Altezzoso, quasi. Il volto è una maschera nobile e severa. A differenza dei volti dei vivi non ha nessun particolare ridicolo. Maurizio, con quei capelli lunghi e ovattati che scendono sulle orecchie e sul collo come i boccoli di un Re Sole, con quegli occhialini rotondi, mi ha sempre fatto ridere... E così pure Angelo, che fa la lampada, bello da sembrare finto, l'ascot perennemente al collo... Quanto è più severo Seteh, pelle bruna e secca come cuoio, palpebre chiuse e immobili sugli occhi consumati da tempo! Seteh che è stato giovane 4000 anni fa, ma che non è diventato polvere grazie a formule ormai smarrite, ad antica saggezza, al caso (che ne ha mantenuto addirittura le carni), forse al giudizio di Osiride che si fa attendere, là dove si è recata la sua anima... Seteh, cui non è concesso riposare in pace, ora comincia a muoversi, a serrare le dita in pugni. Sotto la pelle si vedono i tendini del collo muoversi, persino la mandibola contrarsi, mentre la corrente a basso voltaggio comincia a fluire in quel corpo rigido, attraverso la soluzione chimica.
Angelo e Maurizio sono eccitati, e forse spaventati. Spaventato lo sono anch'io; eccitato no. Per loro il miracolo della vita sta in questo cadavere che simula un movimento, per me no; in definitiva cosa hanno ottenuto più di Galvani?
Ricordo che una volta domandai loro se non fossero curiosi di sapere qualcosa di più su quell'uomo: che carattere aveva, come la pensava sul Faraone dell'epoca, se era o no un buon amatore. Angelo rise a lungo, considerando probabilmente quella mia uscita come una delle mie battute migliori. Mi disse che io come antropologo avrei potuto benissimo studiare quel piccolo pene rinsecchito, quantificando quali fossero le sue capacità ai bei tempi...
Non capiva che non scherzavo. Erano lisci o ricci i suoi capelli? Gli piaceva baciare una donna sul collo? Gli piaceva sussurrarle all'orecchio qualcosa, durante l'amore? E se gli piaceva, cosa sussurrava? Queste erano le cose che mi interessavano, a queste domande volevo le risposte che stupidamente speravo di ottenere assistendo all'esperimento, vedendo quella rigida marionetta senza fili muovere mani e piedi.
Sono fermo ad osservare ormai da cinque minuti. Praticamente non sento più nemmeno sorpresa. Vorrei essere ovunque, ma non qui, quando ecco arrivare una prima, pallida risposta. Angelo ha messo altri due elettrodi appena sotto le orecchie del cadavere, aumentando di poco il voltaggio, la pelle comincia a tirare sugli zigomi, sulle guance, ai lati della bocca; le labbra si schiudono un poco, gli angoli si sollevano, ed ecco che Seteh abbozza un sorriso educato, non divertito ma paziente. Non so se in vita abbia avuto figli, ma se ne ha avuti è con questo sorriso calmo e comprensivo che si rivolgeva loro, ascoltandone le confidenze puerili.
Sorrido anch'io. Bravo Seteh, abbi ancora un po' di pazienza. Tra poco ti lasceremo alla tua pace. Spero che Osiride abbia accolto clemente la tua anima.
Maurizio coglie la mia soddisfazione.
"E' incredibile, vero?" mi domanda, ma so che non ha capito, e mi limito ad annuire col capo.
Lui dà una gomitata ad Angelo.
"Ehi, hai visto?" dice, "E' rimasto senza parole, il nostro antropologo!".
E' decisamente un idiota. Siamo tre idioti. Fai bene tu, Seteh, a sorridere con sopportazione, con pazienza...

(1) La mastaba era la tomba per faraoni e nobili in generale, spesso costruita simile alla casa del defunto stesso.

(2) Lord Carnarvon e Howard Carter sono gli archeologi a cui si deve la scoperta della tomba di Tutankhamon. A dire il vero solo il secondo era un archeologo; il primo era un nobile inglese, finanziatore delle ricerche.

(3) Erodoto descrisse con precisione il rito dell'imbalsamazione, che a dire il vero si differenziava a seconda del ceto sociale cui era appartenuto il defunto. Il metodo più costoso era riservato a nobili e Faraoni, e prevedeva che l'imbalsamatore, recitata una preghiera, introducesse attraverso la narice destra del defunto un ferro ricurvo e con esso estraesse il cervello. Recitata un'altra formula, uno scriba tracciava sul costato del cadavere una linea lungo la quale un altro operatore praticava un incisione con una pietra tagliente. Subito dopo uno degli imbalsamatori, introdotta la mano attraverso l'apertura, estraeva rapidamente tutti gli intestini. La cavità addominale veniva prima lavata con vino di palma e, in un secondo tempo, con aromi in polvere e poi riempita con mirra tritata, cassia ed altri aromi, e infine ricucita. A questo punto la salma veniva immersa nel nitro dove era lasciata per 70 giorni. Alla fine di questo periodo la salma veniva nuovamente lavata, spalmata di resine e di olio di cedro e infine avvolta completamente in sottili e lunghissime bende di lino impregnate di gomma. Ad ogni giro di benda venivano posti degli amuleti; per ogni amuleto posto venivano recitate apposite formule. Al termine del bendaggio la mummia era riconsegnata ai parenti.

(4) Il Ka costituiva lo spirito vitale dell'uomo. Nel periodo più antico della cultura egiziana veniva considerata prerogativa del solo faraone e degli dei, e solo in seguito fu estesa anche alle persone di ceto sociale elevato. Al momento della morte il ka manteneva uno stretto rapporto con il corpo: lo visitava, si prendeva cura di lui. Perciò il corpo doveva essere assolutamente preservato, altrimenti anche il ka sarebbe dissolto con esso. Secondo la tradizione egizia, il morto si presentava al tribunale divino e introdotto nell'aula in cui stavano quarantadue giudici (corrispondenti alle 42 province dell'Egitto) sotto l'alta presidenza di Osiride. Il defunto doveva confessarsi davanti ai quarantadue giudici, dimostrando a ciascuno di essere immune da ogni peccato: Se il morto risultava "giusto", veniva accolto nel regno di Osiride, riprendeva il suo corpo e la sua vita normale nell'aldilà. In caso di condanna sembra che il destino del corpo fosse di rimanere chiuso per sempre nella tomba, affamato e assetato, senza mai più poter vedere la luce del sole.



Concezione e realizzazione: Matteo Scarabelli. Un sentito ringraziamento a Blind Ben per lo splendido titolo.

I testi pubblicati sul sito sono © dei rispettivi autori. Ogni riproduzione dei medesimi testi senza l'esplicito consenso dell'autore (o degli autori) è severamente vietata.