Gallows Pole II
(ovvero: Felini ed Affini)
di Francesco Barilli
Spett. Rivista "Amici dell'uomo"
cortese att.ne Sig. Direttore
Via Pascoli
MILANO
Eregio Sig. Direttore,
lo so, sono in abbondante ritardo sulla data di consegna del materiale, e quindi il prossimo mese la mia rubrica, "Felini ed Affini", non potrà apparire sulle pagine della Sua rivista. So che questo ritardo mette in grave difficoltà Lei, costretto ad inventarsi due pagine in fretta e furia, e ciò mi addolora molto. Mi creda quando dico che non avrei mai voluto costituire una difficoltà per Lei, che in un momento cosi delicato della mia vita ha deciso di darmi una mano. L'ultima mia consapevolezza si ferma alla perdita del consueto assegno. Quest'ultima conseguenza del mio ritardo, comportamento sconsiderato e scorretto, mi addolora ancora maggiormente, mi creda, ma ben mi sta.
Del resto tenere questa rubrica mi costa sempre maggiore fatica e sta producendo in me tutta una serie di dubbi che Lei non può nemmeno immaginare; dubbi che mi spingono a considerare, per il futuro, l'ipotesi di rinunciare definitivamente allo spazio che Lei m'ha concesso gentilmente sulla Sua rivista e al conseguente cospicuo assegno mensile. Ipotesi ancor più dolorosa, quest'ultima, mi scusi se abbandono un attimo il mio scrittoio, ma m'è venuto un attacco d'ansia e devo andare a controllare se la mia collezione di "Preacher" è in perfetto ordine. Torno subito
... Ecco, sono tornato. Mi scusi, ma è da quando ero piccolo che ho di queste crisi. Solo i motivi cambiano. Una volta bastava il ritardo di un giorno nella consegna di Topolino a spedirmi dritto in bagno. Oggi sono più maturo, come avrà notato, e le mie reazioni molto più controllate. Ma non voglio annoiarla, quindi veniamo al dunque. Le raccontavo del perchè io voglia rinunciare a collaborare alla Sua rivista (che pure m'ha dato tante soddisfazioni), sentendomi ormai demotivato e sfiduciato. Mi creda quando Le dico che questo non ha nulla a che vedere col nostro rapporto. Per chiarire i miei dubbi è necessario partire da alcuni fatti che Lei conosce già, ma ripercorriamoli assieme.
Lei sa benissimo che pensavo di essere già morto, lì, disteso sull'erba del mio giardino. Ho visto ruotare il mondo per un'ultima volta, poi solo buio... Solo che mi sono svegliato. NON SONO MICCAMORTO?!.. è stata la prima cosa che m'è venuta in mente. Dopo, una grande felicità, subito temperata dall'annuncio che ero in ospedale, sì, ma la galera avrebbe atteso poco. Omicidio volontario, resistenza all'arresto eccetera, le mie accuse. Abbiamo già parlato tante volte della gioia che mi procurò la Sua prima lettera. Non era solo l'accenno ad un Suo interessamento per il Processo che mi attendeva a confortarmi, anzi!, direi che in primo luogo il conforto venne dalla Sua comprensione. Anche se mi ero salvato dallo sparo non intenzionale (cosi dissero) del carabiniere, ero già morto: non avrei più rivisto Briciola e Max, invece arrivò Lei. Prese in custodia le mie due bestiole (altrimenti attese da un destino ancora peggiore del mio), e dopo cinque anni di carcere psichiatrico (anche qui, quanto sarebbe stato peggiore il mio Fato, non fosse stato per la sagacia e la perizia con cui l'avvocato che Lei mi procurò seguì il mio caso!) ecco la collaborazione con la Sua rivista, di cui già all'epoca ero un affezionato lettore! Decisamente troppa fortuna per i miei meriti! Infatti è proprio da questo momento che cominciarono i miei problemi, quelli che potrei chiamare i miei attriti con la vita reale.
Decidemmo di comune accordo di chiamare la mia rubrica "Felini ed Affini". I primi tempi questa rubrica consisteva semplicemente in un mio articolo mensile, poi le lettere cominciarono ad arrivare come fiumi che sommergevano la mia scrivania. Le risposte che non trovavano spazio sulle pagine da me gestite le davo personalmente, nei limiti del possibile. Un bel periodo, intenso e vissuto con entusiasmo.
Poi mi scrisse la signora Anna da Roma (mi prendo la libertà, qui, di riassumere): "Egregio Signor Rinaldi, sono una Sua affezionata lettrice ed una Sua sincera ammiratrice fin da quando Lei ha dato la giusta punizione a quel porco che Le aveva molestato il gatto" (Qualche notizia imprecisa doveva essere arrivata alla signora Anna, perchè le cose non erano andate proprio a quel modo, comunque lasciamo perdere). "Io la capisco. Avevo due gatti splendidi. Uno si chiamava Charlie. Aveva del sangue siamese, probabilmente, senza averne i difetti di carattere. Una sfinge pelosa che stava a guardarmi, facendo le fusa quando l'accarezzavo. L'altro era un persiano, non di pura razza, grigio. Shark lo chiamavo, squalo, perchè era aggressivo come uno squalo. Sono spariti da due settimane. Me li ha ammazzati tutti e due il mio vicino di casa, ne sono certa. Dopo la disperazione, ho trovato nella Sua vicenda come un Segno del Destino, oltre che un raggio di Luce e di Speranza..."
Qui la lettera andava avanti, con la descrizione di come questa pazza aveva catturato il proprio vicino di casa, che teneva segregato in cantina, legato mani e piedi. Penso sia superfluo dirle che lo nutriva con croccantini Friskies e scatolette Sheba, o che lo costringeva a portare un collarino con una medaglietta; Lei avrà senz'altro già inquadrato il tipo. Le riporto solo il finale di quella lettera: "Le scrivo contando su un Suo cenno di approvazione, che per me potrebbe essere di gran conforto"...
Beh, io ho già abbastanza fantasmi che mi vengono a trovare la notte; la vedova del Signor Pretini quando mi incrocia fa di tutto fuorchè mostrare un atteggiamento benevolo nei miei confronti, e tutto questo, unito al fatto che non volevo più ricevere missive dalla Signora Anna da Roma, mi spinse a traslocare. Lasciare la mia bella casetta a Codogno costò un grande prezzo affettivo a me, Max e Briciola, posso giurarlo. Non so che fine abbia fatto il vicino di casa della signora Anna da Roma, e non lo voglio sapere.
Già questo episodio, che Le avevo tenuto nascosto fino ad oggi per non ferire la Sua sensibilità, mi aveva abbastanza turbato. Ma ci sono altri fatti da raccontare, non tutti così drammatici. La storia dello spot pubblicitario per le crocchette Miciogatto di Only for Cat, la famosa linea di prodotti alimentari per gatti, per esempio, gliela raccomando! Una cosa demenziale. Già mi metteva in difficoltà la frase che dovevo dire: "Miciogatto, e ne mangi più d'un piatto!" (abbastanza idiota, direi), ma dovevano proprio mettermi in quella posa con la roncola in mano? Il regista si avvicina e mi chiede di essere più ammirante, miagolante... No... ammiccante, ecco! Dopo molte prove arriviamo alla versione definitiva. (Scusi, direttore, se continuo a sballare i tempi dei verbi, passando dal passato al presente all'imperfetto con troppa disinvoltura. Purtroppo i verbi non sono il mio forte, e Lei lo sa).
Allora: inquadratura di due o tre micetti tanto ma tanto carini. Musichetta di miele in sottofondo. Voce fuori campo, mentre i micetti miagolano e giocano fra loro: "Con le crocchette Miciogatto di Only for Cat...", sono più contenti, più sani, eccetera eccetera. Torna la musica di miele, che sfuma nell'inquadratura del sottoscritto che riempie tre ciotole coi croccantini, mentre i tre gattini accorrono affamati. Io dico la mia mitica frase, non me la faccia ripetere. Cambio di inquadratura. Appoggiate sopra un tavolo ecco le tre scatole di Miciogatto, nelle diverse combinazioni (tonno e salmone, pollo ed anitra, manzo e verdure) che la voce fuori campo descrive e decanta. Taglio finale: eccomi qua a mezzo busto, nella posa più ammiccante di cui sono capace, che sfilo la roncola da dietro la schiena e la punto dritto verso la telecamera. Voce fuori campo. Perentoria. "RICORDATE: PER IL VOSTRO GATTO, SOLO CROCCHETTE MICIOGATTO!". Ed io lì, a sentirmi fuori posto, come un Berlusconi ad un concerto dei Metallica, se m'intende.
Per carità, 'sta storia c'ha pure i suoi lati positivi, m'ha pure portato un sacco di soldi, mappropriotanti!, non ne avevo mai contati così. Ho dovuto persino andare da mia madre e chiederle consiglio.
Figlio! Figlio mio vieeqqquaaa!, e m'ha abbracciato. Era un bel po' che non mi vedeva ed era tutta contenta. La mia mamma è vecchia e tanto buona, Sig. Direttore. Lo sa vero? Ricorda?, le ho mandato anche la ricetta del suo purè di patate, il migliore che esista! La mia mamma mi ha detto di non aver trovato quello spot così scandaloso, ma la mia mamma farebbe o direbbe qualsiasi cosa per farmi piacere. Ricordo che una volta (avrò avuto sì e no 11 anni) aveva fatto la faraona arrosto. A me era piaciuta un sacco e gliel'avevo detto. Lei me la fece ancora, sempre allo stesso modo, per le successive 36 domeniche consecutive. Quanto è cara ...
La mia mamma è proprio buona, Le dicevo. Non ti farebbe mai del male. Se non sei una faraona, almeno. Ma qui arriviamo ad un altro problema. Mi segua, Sig. Direttore.
"Ragazzo mio" mi dice la mia mamma, "occhio che i soldi oggi ci sono, domani non si sa! Pensa al futuro. Non spendere tutto dietro a gonne o robaccia del genere. Domani, chissà, non ci sarà più nessuno a ricordarsi di te, ma la tua mamma ci sarà sempre"
Allora ho pensato: dò a lei 1/3 dei soldi che prendo, 1/3 lo tengo io per le spesucce e 1/3 lo verso su un conto corrente... Ah!, la storia del conto corrente èppropriobbella!, gliela devo raccontare.
Allora, io vado in banca. La banca mica l'ho scelta per qualcosa di particolare, era quella più vicina a casa. Il tipo allo sportello mi fa "Desidera?" e io "Voglio aprire un conto". "Benissimo" fa lui, e mi passa delle carte da compilare e firmare. Un momento, l'interrompo io, il conto non è a mio nome. "Guardi che allora non può farlo. Deve venire il diretto interessato".
"L'immaginavo, è che non sa firmare"
"Analfabeta?"
"No. E' il mio gatto"
A questo punto il tipo è sembrato alterarsi, s'è aggiustato gli occhiali sul naso, s'è allontanato un attimo dallo sportello, m'ha fissato bene bene, poi deve essere successo qualcosa che non ho ben capito, perchè è sembrato avere un mancamento, è impallidito, ha farfugliato qualcosa e poi ha balbettato "Le le le lel lei èèèèè-e'..."
"Sì, esatto. Fabrizio Rinaldi, piacere" gli ho detto io porgendogli la mano. Questo m'ha detto che doveva andare dal Direttore. Ma è proprio cretino, ho pensato io, per darmi la mano deve chiedere permesso? Beh, comunque si mette a parlare con un tipo sulla cinquantina, baffuto e robusto. Il baffo mi guarda e impallidisce. Rispondo al suo cenno con la testa facendo ciao ciao con la mano. So che sono una celebrità e questo mette a disagio la gente. Il Direttore si avvicina.
"Venga, Sig. Rinaldi, venga nel mio ufficio".
Io non ho tanto tempo ma, mi dico, vorrà un autografo per i figli e si vergogna davanti a tutti. Mi siedo nel suo ufficio di uomo arrivato.
"Allora" mi dice, "lei vuole aprire un conto corrente"
"Esatto"
"Lei ha per caso qui la sua roncola?"
"No. Oddio, se vuole vado a casa a prenderla"
"NO! NO!, SI FIGURI"
"Davvero, sono due passi"
"NO NO. Davvero, non c'è bisogno! Io, vede? ... Beh, ci sono alcuni aspetti dell'accordo che così non possono andare bene"
"Cioè?"
E lui mi spiegò bene bene tutti i cavilli burocratici che impedivano l'apertura del conto corrente a nome di Briciola. Essenzialmente, se non sbaglio, mancava il codice fiscale. Vabbè, ho detto, se è per questo lo improvvisiamo. Sarà BRC GTT (Briciola, gatto) e poi data di nascita e Comune li mettiamo a posto, ma il Direttore disse che non andava bene. Continuava a trovare particolari che rendevano impossibile la faccenda. Dovetti arrendermi di fronte all'evidenza che l'affetto e la fiducia, per le banche, non contano niente e che, tutto sommato, non è che una persona conti più di un gatto, a parte la firma e il codice fiscale. Ma queste sono mie considerazioni acide. Non ci faccia troppo caso, dunque. Mi limito ad osservare che anche questo secondo contatto con la "vita reale" aveva il sapore di qualcosa di amaro, di ingiusto, di troppo distante dalle mie speranze.
Poi c'è stata la faccenda della morosa. Era da tanto tempo che non stavo con una donna. Fosse una questione di ormoni o cosa non lo so; so che avevo bisogno di una donna, ma una morosa non ero più capace di trovarmela, e intendo che proprio non sapevo più cosa si dovesse fare, non che mi vergognassi. C'ho provato un paio di volte, una volta al bar, un'altra in coda dal panettiere. Entrambe le volte ho detto alla prescelta (la prima era la barista, la seconda una tipa che aspettava di pagare due sfilatini): "Te, vuoi essere la mia morosa?", ma mi è andata buca. Non le riferisco le due risposte perché ci sto ancora male se ci penso. Allora ho provato a confidarmi con la mia unica amica, Sabrina. Sabrina vive e lavora a Milano. Una sera le telefono e le apro il mio cuore. Allora lei m'ha detto "Okay, vedrò cosa posso fare". Passano un paio di giorni e mi telefona: "Potrei presentarti a Cinzia". Io dico: Cinzia? Vabbe', presentami a Cinzia. Il giorno dopo mi telefona e mi dice "Niente. Non posso presentarti a Cinzia" e io chiedo "Perché?" e lei mi dice "Lascia stare, lascia stare". Passano altri due giorni e mi dice che mi presenta a Paola. lo dico, Paola? Vabbe', presentami a Paola. Il giorno dopo mi telefona e mi dice che neanche con Paola si fa niente. Io chiedo perchè e lei... Si, vabbe', si va avanti così per una settimana. Da lunedì a domenica, da Cinzia a Patrizia, passando per anonimi martedì e Pinuccia di speranza. Domenica telefono a Sabrina e le dico che vado a trovarla, che mi fa pure piacere. Così il giorno dopo prendo il treno per Milano. Riesco a disimpegnarmi egregiamente fra treno e metropolitana, arrivo da lei e le chiedo "Ma com'e' che tutte le tue amiche non mi vogliono nemmeno conoscere?". Lei sulle prime nicchia (sai com'è... di qua e di là eccetera), ma io insisto. Ad un certo punto mi viene un dubbio tremendo. "Oh, Sabrina, ma com'è che mi hai descritto alle tue amiche?"
"Ma come vuoi che t'abbia descritto, dai!"
"Hai mica raccontato di quella storia col Pretini, neh? Non m'hai mica descritto come un violento?"
"No no, cosa dici?! Anzi, ho detto: è un tipo simpatico, intelligente e buono, figurati!"
"E fisicamente?" le chiedo seguendo un'intuizione felice ma dolorosa.
"Gli ho detto come sei"
"Cioè?"
"Beh ... alto un po' sotto la media ... stempiato ... con la pancetta"
... Insomma, grassottello, bassotto e pelatuccio. Che è peggio di grasso, basso e pelato, che sono aggettivi che hanno una loro dignità e che possono esprimere persino un certo tipo di fascino. Eccicredo che non mi vogliono conoscere! Non chiedo di mentire, per carità (non lo chiederei a nessuno, figuriamoci ad un'amica), ma ci vuole tanto a dire "E' un tipo"? ... E' un tipo, insomma, lo si dice di qualsiasi stronzo d'uomo, non si può dire di me?! Sabrina dice che io non capisco, che faccio semplici le cose complicate e complicate le cose semplici. Sarà, le voglio bene lo stesso. Comunque è per questo, per tutte le cose che mi sono capitate, per tutte le cose che non vanno mai per il verso giusto, e poi perchè non sopporto più certe responsabilità e certi legami con la "vita reale", che ho deciso di interrompere il rapporto con la Sua rivista. Tanto, per le mie esigenze, di soldi ne ho guadagnati già abbastanza; non dico finchè campo, ma almeno abbastanza per prendermi un paio d'anni di vacanza in cui non pensare proprio più a niente.
Quasi quasi ho in mente di trasferirmi lontano, di cambiare Nazione. Che so?, andare in uno di quei Paesi Africani dove dicono sempre che muoiono donne e bambini e dove, evidentemente, per i maschi adulti non c'è pericolo.
Ma forse, Sig. Direttore, anche questa e' un'altra menzogna. Me ne hanno raccontate già tante, sa?, e forse la verità è che noi maschi adulti crepiamo anche lì, per le cause più strane, nei modi più assurdi, senza capire il motivo (come accadrà a me, ne sono sicuro: non capisco quasi mai il perché delle cose brutte che mi capitano). Noi maschi adulti crepiamo ovunque, e non facciamo più notizia.
Pensi, Sig. Direttore, in che mondo siamo costretti a vivere! E poi danno a me, A ME!, del pazzo! Viviamo in un mondo che è uno schifo, ma Briciola sta facendo le fusa, accoccolata sulle mie gambe, i Led Zeppelin urlano dal mio stereo, chiari e forti, e tanto mi basta.
La prego ancora di scusarmi per il mancato invio del materiale per la rubrica di questo mese, e spero che Lei non se la prenda troppo per la mia rinuncia definitiva. Sono sicuro che troverà il modo per sostituire adeguatamente "Felini ed Affini", mantenendo alto il livello qualitativo della rivista.
Le faccio i miei migliori e più sinceri auguri per il futuro successo della (me lo faccia dire!) "nostra" rivista, e La saluto cordialmente. Si uniscono ai miei saluti anche Max e Briciola, che La ricordano con tanto affetto per i cinque anni passati con Lei.
Il suo affezionato
Fabrizio Rinaldi