Un Fischio nel Cassetto
di Ettore Gabrielli
Ninetta era una bambina dagli occhi ed i capelli neri come l’ombra, ma il suo cuore era splendente, era dolce ed allegra con tutti, e per questo tutti le volevano bene. Ninetta non aveva il padre, non lo aveva mai avuto. Tra i tanti suoi amici ve n’era uno particolare. Il suo nome era Nill, ed era un folletto! Proprio un folletto vero, come nelle favole, solo che invece di vivere nei boschi viveva nella camerina di Ninetta, dormendo tra i calzini o tra le bambole. Nill era un folletto tutto verde, profumato di abete e di muschio, che a seconda del suo umore cambiava il suo colore facendosi più
scuro se offeso dalla bambina. Abitava nella casa di Ninetta da prima di lei, non usciva mai dalla stanzetta, nonostante le pressioni della bimba, pronta a portarlo fuori nascosto in una tasca. Ma a gesti e fischi Nill le spiegava che non poteva abbandonare la sua stanza. Per Nill quella era la sua foresta incantata dalla quale non poteva uscire. Nill parlava solamente con i fischi, ma Ninetta, un po’ dall’intonazione, un poco dai gesti, riusciva a capirlo. La sera Nill si metteva a fischiarle in un orecchio note ora lunghe e dolci, ora veloci e ritmate, andando avanti tutta la notte; per Ninetta questi fischi erano ora una ninnananna, ora una favole, ora una storia di cavalieri e di draghi. Nill la svegliava la mattina perché andasse a scuola, facendole trovare pronti i vestiti; quando lei usciva rifaceva il letto e teneva pulita la stanza della bimba. Lottava tenacemente contro gli scarafaggi per tenerli fuori dalla stanza. Si era costruito uno scudo con il tappo di un barattolo ed una spada con una matita, con la quale cercava di cacciarli via. Al suo amico folletto Ninetta raccontava tutto, la scuola, le amicizie e le delusioni della sua infanzia. Nill sapeva consolarla con fischi, danze e capriole quando ella era triste, e si ingegnava per ridonarle il sorriso perso. Venne per Ninetta il giorno in cui dovette trasferirsi. Quando lo seppe la bimba pianse fino a finire le lacrime, al pensiero di abbandonare l’amico. Sua madre non sapeva cosa fare, non capiva perché la figlia fosse così attaccata alla casa, perché Ninetta non aveva mai parlato a nessuno, nemmeno a lei, di Nill. Sapeva bene che gli adulti non avrebbero mai creduto al folletto, e temeva che gli altri bambini lo avrebbero trattato solamente come un giocattolo. Nill in quei giorni di lacrime fece di tutto per consolare l’amica. Le sue capriole non erano mai state più alte, i suoi balli più scomposti, i suoi fischi più allegri. Vincendo la sua avversione aveva convinto pure un gruppo di scarafaggi ad aiutarlo, ed aveva messo su un circo in miniatura: il domatore di scarafaggi, il cavaliere sullo scarafaggio, gli scarafaggi acrobati... Ma nonostante i suoi sforzi Ninetta continuava a piangere. E di fronte a Nill, che la guardava ora sorridente dopo l’esibizione, ora stupefatto ed accigliato insieme per il pianto continuo della bimba, gridava "NON CAPISCI? NON CAPISCI CHE NON CI VEDREMO PIU’? NON PUOI PROPRIO CAPIRE???" E si rimetteva a piangere. Così venne il giorno in cui Ninetta e sua madre dovettero partire. I bagagli erano fatti, caricati in macchina, la casa lasciata vuota come quando erano arrivate. Prima di partire si trattennero con i nuovi inquilini della casa, una donna e suo figlio, questi pure senza padre. Le due madri ogni tanto si guardavano con aria complice, con quello sguardo che hanno le persone che condividono gli stessi passati. La bimba venne mandata dalla madre a mostrare al piccolo la sua nuova stanza. Lei era sempre triste, e non trovò la forza per rifiutarsi, sebbene temesse che il rivedere Nill le facesse ancora più male. Il bambino poi le sembrava strano, aveva un’espressione imbronciata, e non aveva detto una parola. Entrarono nella stanza, ed ecco che da sopra la porta, dove era appostato, un piccolo fulmine verde balzò sulla testa del bambino. Era naturalmente Nill. Il bimbo fece un salto per la sorpresa, ma poi mise le mani a coppa per accogliere il folletto che vi scese con un balzo; sul suo viso si dipinse un sorriso, di una dolcezza che Ninetta non aveva mai visto prima. Sul suo volto così buio si dipinse il sole. Il bambino iniziò a parlare piano al folletto, e poi la invitò a giocare tutti insieme. Ninetta lo vide così trasformato, e capì. Capì che l’amicizia di Nill sarebbe stata sempre nel suo cuore, ma che non poteva essere solo sua; il bambino che aveva di fronte e che ora rideva per i salti del folletto ne aveva più bisogno di lei. Per la prima volta da mesi il sorriso tornò sul suo volto; allora Nill le saltò su una spalla e la baciò su una guancia fischiando. Così Ninetta lo vide per l’ultima volta. Anche se in realtà non fu proprio così. Perché quando Ninetta si svegliava di notte, nella nuova casa, quando si sentiva sola o ferita, le bastava chiudere gli occhi, ed ecco che udiva chiaramente ancora una volta il suono di soffici passi, ed un fischio familiare. E rivedeva chiaramente, stavolta con il cuore, il suo piccolo verde amico che le sorrideva.