Il Carillon
di Ettore Gabrielli

Ho comprato in una bancarella un carillon... suona un po' a fatica, arrugginito da troppo tempo senza orecchie ad ascoltarlo. La molla si carica con un rumore preoccupante, da temere che si rompa quando meno te lo aspetti. Non sono un esperto di antiquariato, così l'ho portato da un amico. Lui lo ha unto, grattato con la carta vetrata, ha levato minuscole ragnatele e raddrizzato i vecchi ingranaggi. Ma quel carillon suona ancora come se ogni sua parte fosse incrostata dal tempo e dai ricordi dei suoi vecchi padroni... Un giorno ne sono sicuro si spezzerà la molla, morirà una ruota dentata. Io credo che allora se ne andrà in quel paradiso delle cose amate. Penso spesso alle mani che lo hanno caricato... erano mani giovani e preziose istruite al ricamo ed a servire il tè? O mani forti di mezza età, segnate dal lavoro nei campi? Quali sogni popolavano le loro menti ascoltando questa melodia che solo riesco ad immaginare, consumata come è dal tempo? Una sera di non molto tempo fa non cenai. Andai presto a letto. Di malumore, lo ammetto, di quella tristezza senza motivo se non se stessa, di quella malinconia che ogni tanto ci serve per compatirci. Mi addormentai di schianto, mentre intorno alla mia stanza ancora le attività del giorno continuavano verso la fine. E sentii suonare chiaro e forte il carillon. Adesso non so dirvi se questo l'ho sognato solamente, o se davvero una molla abbia trovato l'antica giovinezza e si fosse impuntata di far suonare tutto come una volta. Perché il suono era pulito, dolce, una melodia triste e gioiosa alla stesso tempo, quasi un valzer, un ballo antico. Ho aperto gli occhi, e sussultai dalla sorpresa. Tutto intorno al letto dame vestite da bambole e nobili in doppiopetto che ballavano al suono del carillon. Ed il letto a ben vedere non era più nella mia stanza, ma in un salone talmente grande che faticavo a vedere le pareti intorno a me, illuminato da lampadari persi in un soffitto altissimo. Rimasi per un po' affascinato a guardare quei bravi ballerini, a godermi quello che, a ben vedere, sono sicuro fosse un sogno. Che portamento, che grazia, che innata classe in quei balli dimenticati. Così vinsi la timidezza e scesi dal mio letto. Che sorpresa ritrovarmi vestito elegantemente come i damerini che ammiravo. Non ho mai saputo ballare se non i balli senza regola delle musiche moderne. Però sentivo la musica che mi entrava dagli orecchi e mi si spandeva in tutto il corpo, passava dal cuore per arrivare alle mie braccia smaniose di stringere una compagna per il ballo ed alle mie gambe che tremavano dalla voglia di muoversi. Così mi avvicinai ad una dama, una figura che spiccava in mezzo a tutte. Mi colpirono i suoi grandi occhi neri, profondi e segreti. Le porsi la mano, e senza imbarazzo ella si strinse a me per quel ballo che sembrava non voler mai finire. Non ricordo molto altro di quella sera. Ricordo il suo profumo. Ricordo i suoi capelli. I suoi passi piccoli e misurati. Le sue spalle che il vestito lasciava intravedere. La sua pelle liscia, chiara. Ricordo come mi osservava con lo sguardo basso. Ricordo benissimo, quando poi incrociarono i miei, i suoi occhi grandi. Rammento la voglia forte di baciarla. Poi nulla. La baciai? Finimmo quel ballo? Non lo so. So che mi svegliai, nel letto, non ero più in quel salone. Non ero più vestito come un nobile. Avevo ancora una musica negli orecchi. Non veniva dal carillon, ma era la sua. Anche senza prenderlo più in mano la conoscevo, così come ero certo che non l'avrebbe più suonata. Ma soprattutto avevo ancora il sentore del suo profumo. Mi accompagnò tutto il giorno, e l'indomani ancora. Poi mi abbandonò, lasciando una triste nostalgia. Ma ancora oggi chiudo gli occhi, e mi perdo ancora negli occhi di lei. Ancora sento il suo abbraccio durante il ballo. A ben pensarci non getterò via quel carillon. Lo terrò con me. In attesa che un giorno, una notte, egli suoni ancora una volta la nostra canzone.



Concezione e realizzazione: Matteo Scarabelli. Un sentito ringraziamento a Blind Ben per lo splendido titolo.

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