L'Aquilone
di Ettore Gabrielli

Piove e tira quel vento che insinua la pioggia sotto gli usci tarlati; le tapparelle delle case sbattono come per protestare di fronte a tanta furia. Non c'è riparo da nessuna parte, nemmeno per i piccioni accoccolati sotto le grondaie, che si stringono umidi e infreddoliti l'un l'altro, mentre la pioggia si appropria del resto. Nella strada polle d'acqua nelle buche dell'asfalto, ogni tanto fari d'automobile compaiono per scomparire subito, il rumore quasi coperto dal TIC-TAC-TOC delle gocce che battono sul vetro. Il bambino tiene il viso attaccato alla finestra, ogni tanto con la mano toglie il segno appannato del suo respiro. Osserva un piccolo aquilone impigliato su di una antenna che lotta aggrappandosi come può contro il vento per non volare via. Lo guarda e vorrebbe essere lassù, salvare quel rombo di carta colorata. Il bambino si chiede dove vadano a morire gli aquiloni. Magari, pensa, esiste un'isola, lontana dalla città, dal fumo e dalle luci di lampioni, dove volano felici e liberi, dove c'è sempre il sole e quel venticello che scompiglia i capelli e fa perdere le pagine dei giornali. Vorrebbe vivere là, un giorno, ad accudire quei vecchi aquiloni abbandonati, a rattoppare con il nastro le loro ferite, a raddrizzare una stecca storta, o a cambiarne una rotta. Farebbe nodi agli spaghi spezzati, e controllerebbe che tutti quegli aquiloni volassero alla stessa altezza, senza privilegi o invidie. E che bella sarebbe a vederla dall'alto quell'isola, come un prato fiorito di tanti fiori colorati. Gli aeroplani cambierebbero rotta per passarvi sopra, e tutti da lassù terrebbero il naso agli oblò un po' come fa lui adesso alla finestra. Il bambino viene chiamato a letto, ora; è tardi, ma gli piace dormire con il rumore della pioggia sul vetro, e non fa storie. Ma pensa all'aquilone e lo saluta dalla finestra con una mano. Ed in quel momento una folata più cattiva di vento lo solleva in alto, lo rivolta e lo fa sparire dalla sua vista, senza nemmeno il tempo di un ultimo saluto. Il bambino vorrebbe quasi essere triste, ma caccia indietro le lacrime, perché sa che un giorno lo ritroverà su quell'isola, insieme ai suoi compagni, e correranno insieme per prati immensi.



Concezione e realizzazione: Matteo Scarabelli. Un sentito ringraziamento a Blind Ben per lo splendido titolo.

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