di A. Jodorowsky (testi), F. Beltran (disegni)
Les Humanoïdes Associés - Grifo Edizioni

Il primo volume, intitolato L'Anomalia ci aveva trascinati in un mondo spietato, conformato alla terribile legge di un'autorità eterna ed inumana: Megalex il pianeta-città, abitato da cloni dalla vita ad orologeria, perpetuamente storditi da ogni sorta di surrogati di emozione, dagli olovideo agli psicotropi. Avevamo assistito alla fuga dell'Anomalia, un poliziotto senza nome programmato per saltare in aria dopo quattrocento giorni di utilizzo, diverso dai suoi fartelli di provetta per un imprevedibile errore di clonazione (o per l'intervento dell'entità aliena che periodicamente fa breccia nelle difese della città); lo avevamo lasciato in balìa di una guerrigliera vestita di foglie (di una sola, enorme foglia tagliata e cucita a mo' di salopette), in caduta libera lungo l'interno cavo di un colossale vegetale senziente.

Dopo soli due anni d'attesa (più fortunati dei cugini d'oltralpe, che invece aspettano dal 1999) e un cambio di casa editrice (di nome, almeno) ritroviamo l'anonimo, colossale ex-poliziotto ed ex-cittadino accolto dalla comunità di esuli-terroristi che, ritornati alla natura, fanno della loro vita una lotta perpetua contro il sistema corrotto di Megalex.

Sento dei mormorii sarcastici in sala.

Sì, non vi sbagliate, è la solita storia. Sì, c'è anche il tema messianico, e il vecchio saggio deus ex machina, e l'eroe buono innamorato della principessa malvagia, il tutto condito con le solite citazioni da manuale di esoterismo per principianti. E allora perché ve lo sto a recensire, dopo aver accuratamente evitato ogni commento sui recenti volumi dei Metabaroni (il sesto) e dei Tecnopadri (il terzo), e dopo aver riassunto bene o male tutto quel che c'era da dire sul Jodorowsky di inizio millennio nella mia recensione di "Dopo l'Incal"?

Perché è una storia ben raccontata, per una volta. Si lascia leggere e gustare senza indulgere nella solita logorrea didascalica di cui invece Metabaroni e Tecnopadri si vanno via via gonfiando (e vien voglia di aggiungere un ma gavte la nata...), e appoggiandosi ad un primo volume che resta poco più di un affresco del futuribile comincia a tessere un intreccio ricco e ben ritmato, che mostra abbastanza senza voler spiegare troppo. Certo, i personaggi sono icone e i dialoghi fanno sembrare, in confronto, snella e fresca la Chanson de Roland - ma questo significa semplicemente che Jodorowsky è rimasto Jodorowsky e non è improvvisamente diventato Frank Miller.

Una nota positiva va inoltre alla traduzione, a firma di Moreno Miorelli, che non indulge nelle piroette di costruzione e negli eccessi di pronomi che troppo spesso caratterizzano le produzioni di origine francofona.

Che dire, infine, di Fred Beltran? Sfogliate l'albo e guistatevelo, e buon appetito. Beltran è un artigiano del digitale, capace di integrare giochi di texture e sfumature di luce in rendering con un tratto espressivo e delicato, un ottimo occhio per l'inquadratura della vignetta e una immaginazione visuale variegata ed affascinante che ha poco da invidiare a più blasonati collaboratori di "Jodo" quali Gimenez o Mœbius. Buona parte del piacere nel leggere questa serie si deve al suo mondo di immagini, così nette e distinte eppure tutt'altro che piatte e stereotipate. Che poi indulga nell'aggiungere una o due taglie di reggipetto alle sue eroine, è un difetto scusabile... volendolo considerare un difetto.

In conclusione, un albo consigliatissimo e un'ennesima conferma del buon lavoro editoriale del rinato Grifo. Peccato solo che, calcolando al braccio, per il terzo capitolo si debba aspettare il duemilasei...

recensione di Matteo "Abe Zapruder" Scarabelli

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