![]() di A. Jodorowsky (testi), F. Beltran (disegni) |
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Dopo soli due anni d'attesa (più fortunati dei cugini d'oltralpe, che invece aspettano dal 1999) e un cambio di casa editrice (di nome, almeno) ritroviamo l'anonimo, colossale ex-poliziotto ed ex-cittadino accolto dalla comunità di esuli-terroristi che, ritornati alla natura, fanno della loro vita una lotta perpetua contro il sistema corrotto di Megalex.
Sì, non vi sbagliate, è la solita storia. Sì, c'è anche il tema messianico, e il vecchio saggio deus ex machina, e l'eroe buono innamorato della principessa malvagia, il tutto condito con le solite citazioni da manuale di esoterismo per principianti. E allora perché ve lo sto a recensire, dopo aver accuratamente evitato ogni commento sui recenti volumi dei Metabaroni (il sesto) e dei Tecnopadri (il terzo), e dopo aver riassunto bene o male tutto quel che c'era da dire sul Jodorowsky di inizio millennio nella mia recensione di "Dopo l'Incal"? Perché è una storia ben raccontata, per una volta. Si lascia leggere e gustare senza indulgere nella solita logorrea didascalica di cui invece Metabaroni e Tecnopadri si vanno via via gonfiando (e vien voglia di aggiungere un ma gavte la nata...), e appoggiandosi ad un primo volume che resta poco più di un affresco del futuribile comincia a tessere un intreccio ricco e ben ritmato, che mostra abbastanza senza voler spiegare troppo. Certo, i personaggi sono icone e i dialoghi fanno sembrare, in confronto, snella e fresca la Chanson de Roland - ma questo significa semplicemente che Jodorowsky è rimasto Jodorowsky e non è improvvisamente diventato Frank Miller. Una nota positiva va inoltre alla traduzione, a firma di Moreno Miorelli, che non indulge nelle piroette di costruzione e negli eccessi di pronomi che troppo spesso caratterizzano le produzioni di origine francofona. Che dire, infine, di Fred Beltran? Sfogliate l'albo e guistatevelo, e buon appetito. Beltran è un artigiano del digitale, capace di integrare giochi di texture e sfumature di luce in rendering con un tratto espressivo e delicato, un ottimo occhio per l'inquadratura della vignetta e una immaginazione visuale variegata ed affascinante che ha poco da invidiare a più blasonati collaboratori di "Jodo" quali Gimenez o Mœbius. Buona parte del piacere nel leggere questa serie si deve al suo mondo di immagini, così nette e distinte eppure tutt'altro che piatte e stereotipate. Che poi indulga nell'aggiungere una o due taglie di reggipetto alle sue eroine, è un difetto scusabile... volendolo considerare un difetto. In conclusione, un albo consigliatissimo e un'ennesima conferma del buon lavoro editoriale del rinato Grifo. Peccato solo che, calcolando al braccio, per il terzo capitolo si debba aspettare il duemilasei... recensione di Matteo "Abe Zapruder" Scarabelli |
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