![]() di Takayuki Yamaguchi |
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Il primo impatto con Il Destino di Kakugo è uno shock visivo. Il tratto di Yamaguchi ricorda, più che l'essenziale e pulita semplicità del maestro Osamu Tezuka, la cruda e non sempre gradevole aggressività grafica di Go Nagai - di un Go Nagai più frettoloso e più teso, quasi rabbioso; in aggiunta, le forme anatomiche ricercate e curate si alternano a esagerazioni al limite del caricaturale, e fin dal primo numero appare evidente la tendenza ad esporre tutta una serie di dettagli anatomici esterni ed interni con una franchezza e precisione di cui francamente si farebbe volentieri a meno. La dicitura "consigliato ad un pubblico maturo" sulla copertina è più un eufemismo che una misura cautelativa. Se si supera lo scoglio dell'impatto grafico e si arriva alla storia, si scopre una trama che inizia nel più classico degli stili nagaiani per poi infittirsi di riferimenti e rimandi metaforici, spesso esposti da dialoghi brutalmente didascalici, che si riagganciano a uno sterminato panorama culturale e filosofico che spazia dal buddhismo al bushido alla storia militare giapponese. L'edizione italiana offre un valido aiuto negli approfondimenti di Sonia Bellini e Michele Gelli, che indirizzano anche il lettore più nippofobo e spaesato verso frammenti ed aspetti di una cultura tanto diversa dalla nostra.
Purtroppo, al di là della filosofia criptica e delle secchiate di sangue e interiora che inzuppano questo fumetto, non c'è niente - nessuna ironia, nessun respiro, niente che valga la pena. La storia messa in scena è lineare come un qualsiasi anime di seconda scelta (eroe picchia mostro, eroe picchia mostro più grande, eroe picchia mostro finale), e il condimento di flashback esplicativi e vaghi accenni di trame collaterali non è sufficiente a farle prendere corpo. I personaggi sono filiformi e spesso insignificanti, non muovono alcuna emozione e non cambiano di un millimetro; i dialoghi sembrano avere il solo scopo di fornire al lettore una mezza spiegazione del motivo per cui il nostro corazzato samurai sta rischiando, per l'ennesima volta, di morire in qualche modo granguignolesco, e gli occasionali interventi dell'autore grondano di un fastidioso autocompiacimento. Il tratto, pur migliorando, non raggiunge vette tali per cui da solo possa valere l'acquisto - e sopportare il perpetuo bagno di sangue e le occasionali oscenità (non faccio moralismi, parlo di oscenità belle e buone che farebbero impallidire il pur censuratissimo Psycho Pathia Sexualis) è una fatica la cui ricompensa non è nemmeno lontanamente sufficiente. E il finale, e non anticipo nulla, è uno zuccheroso "felici e contenti" che ricorda più Jerry Brukheimer che il Sol Levante. L'unico motivo per cui questa recensione è qui, e non sul forse più consono TRASH!, è la singolarità dell'opera, e il coraggio mostrato dall'autore e dagli editori che lo hanno pubblicato in patria e qui. Il progetto di Yamaguchi, per fallace che ne sia la realizzazione, e degnissimo di rispetto: una summa theologica del bushido, un riflesso a fumetti dell'essenza della filosofia guerresca del Giappone antico e moderno. Un intento forse troppo ambizioso, forse prematuro, sicuramente affrontato con mezzi al di sotto del necessario e un'eccessiva fiducia. Più che un'opera di cui consigliare l'acquisto, può essere una curiosità di cui potrebbe essere interessante la visione. Le migliori pagine di ogni numero restano gli editoriali di approfondimento, e mi pare che questo dica tutto. Entrate in libreria e procuratevi i Cinque Anelli di Miyamoto Musashi e il Tao Te Ching di Lao-Tzu, piuttosto - non saranno a fumetti, ma costano molto meno e si leggono meglio. recensione di Matteo "Abe Zapruder" Scarabelli |
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