di Chris Claremont (testi), John Bolton (disegni)
Marvel Comics [USA, mini] - Dark Horse [USA, tpb] - Lexy Produzioni [Ita, tpb]

Mettiamo subito le cose in chiaro: chi mi conosce sa bene che Chris Claremont non è tra i miei autori preferiti, piuttosto il contrario. Sia cauto il lettore, quindi.

Guardando la copertina, il sentimento è duplice. Da una parte c'è il nome di Chris Claremont, che suscita in me infausti presentimenti e la paura (o la triste certezza) di aver appena acquistato una miniserie piena di mutanti in cotta di maglia; dall'altro lato, mi rassicura leggere il nome di John Bolton: per quanto la trama possa corrispondere ai miei pregiudizi e al mio pessimismo, i disegni renderanno comunque l'albo degno di esser letto.

A una prima lettura, l'amaro in bocca: disegni così belli buttati via per una storielletta. Mi sforzo di rileggere, sapendo cosa mi aspetta, cercando di perdonare ogni colpa: nulla da fare, resta sempre una storielletta, mal concepita e mal narrata - ma disegnata divinamente.

Irrazionalmente, mi trovo ad invidiare gli analfabeti.

The Black Dragon è, o vuole essere, una storia di genere fantasy-storico, dove prodigi preternaturali trovano il loro pretesto nella Storia del nostro mondo, e in ispecie del nostro medioevo. Siamo in Inghilterra, tra la morte di Re Enrico e il ritorno del Cuordileone: James Dunreith, esule Duca di Ca'rynth (un gentile omaggio ai Dragonieri di Pern di Anne McCaffrey), torna a casa sfidando la pena di morte; ben presto si trova intrappolato in una rete di loschi maneggi tra il politico e il soprannaturale, salva la proverbiale damigella in pericolo, affronta il proverbiale lacché sbruffone, cade nella rete del proverbiale ex-amico ora voltosi al Male.

Tra un proverbio e l'altro ci sarebbe spazio anche per un po' di storia, di dialogo, di tensione drammatica. Ci sarebbe, se non ci fosse un Claremont assolutamente giù di tono, privo di idee, indeciso, impigliato nel rigido meccanismo creativo "da testata mutante", mancante della necessaria minima cultura storica.

I difetti di Claremont ci sono tutti: l'incapacità di caratterizzare i personaggi sul periodo medio-breve; l'offensiva necessità di spiegare, esprimere, verbalizzare tutto tutto tutto fino ad avere personaggi che declamano ovvietà lampanti come fossero Rivelazioni; la costruzione di intrecci "seriali" che, costrette nello spazio di una miniserie, si risolvono in trame abortite, frotte di deus ex machina come se piovessero e, manco a dirlo, la classica Scazzottata Finale. Ma non finisce qui. Trovandosi ben al di fuori del suo ambiente naturale, il venerando X-Chris mostra difetti nuovi e migliorati: il suo medioevo, pur nascosto sotto il realismo mozzafiato dei disegni di Bolton, esce dritto dritto da quel "mediorinascimento" ripulito, fasullo ed addolcito tipico dei "Renaissance Festival" d'oltreoceano, e il risvolto fantasy è pesantemente contaminato da una sorta di buddismo-induismo all'acqua di rose e da una eccessiva nonchalance nel mescolare retaggi culturali e religiosi, il ché fa risultare il tutto (specie sullo sfondo "storico" che si è scelto) tristemente postmoderno (anche se il termine più calzante, per quanto meno aulico, sarebbe "salsicciometiccio").

Come vi ho detto, Claremont non è tra i miei autori preferiti. Volendo essere obiettivo, devo riconoscere che il suo soggetto, per quanto non originalissimo, è ben concepito, e che una certa abilità nel dialogo nei registri più elevati non glie la si può negare. Inoltre, alcuni passaggi catturano non solo l'attenzione ma anche le emozioni del lettore - peccato durino così poco. Resta comunque fastidioso veder iniziare la storia con un mutante in un mondo che lo odia e lo teme (camuffato da cavaliere medievale, però), o sentire in bocca ad Inglesi d'inizio millennio parole sanscrite o arabe come "ghoul" o "avatar" (peraltro in accezioni improprie, contemporanee), o trovarsi davanti a gratuiti seni al vento come in un peplum di bassa lega.

Tutto il lavoro di ricerca filologica che a Claremont manca è invece la punta di diamante dell'opera di John Bolton. In un bianco e nero etereo, fatto di chiari intensi e vasti, di ombre accennate, di scepolature d'inchiostro, Bolton propone un medioevo realistico e reale, dove le proporzioni anatomiche e architettoniche sono impeccabili, le espressioni e le gestualità ricercate, i dettagli curatissimi.

Sotto questo aspetto, Bolton stempera la salsicciometicciaggine (pardon, volevo dire "il postmodernismo") di Claremont dando un corpo e una sostanza ad un'ambientazione che ne sarebbe altrimenti priva. Se c'è una ragione per sborsare undici Euro e qualcosa in cambio di questo albo, è proprio il lavoro di Bolton.

Pregevole, infine, il lavoro della Lexy: carta buona (anche se forse troppo leggera), rilegatura solida, adattamento e traduzione ben riusciti. Certo, il prezzo è un tantino pretenzioso... ma per un trade paperback da libreria non è certo tra i più alti.

Da parte mia, consiglio l'acquisto ai medievalisti ad oltranza e agli appassionati di fantasy - o ai fan di Bolton (e di Claremont... sì, so che ne esistono e so che ammirano il modo in cui scrive - de gustibus...). Al di là delle passioni, però, The Black Dragon resta più un volume con cui arricchire eventualmente una libreria già ben fornita, piuttosto che un acquisto irrinunciabile.

recensione di Matteo "Abe Zapruder" Scarabelli

Il design del sito è ©2001 di Matteo Scarabelli. I contenuti del sito sono © dei singoli autori. Eventuali opinioni espresse dai singoli autori non sono necessariamente condivise dai manutentori del sito.

Le immagini, testi, personaggi e loro caratteristiche distintive tratti da fumetti, film o quant'altro sono © e TM degli aventi diritto, e sono utilizzate a corredo di commenti e recensioni entro i limiti del "fair use".