di Bill Watterson

"Calvin e Hobbes" (per quei pochi alieni che non lo sapessero...) sono i protagonisti di una striscia a fumetti, creata totalmente (testi e disegni) da Bill Watterson, che ci racconta il mondo visto attraverso gli occhi di un bimbo (Calvin) e della sua tigre-pelouche, che nell'immaginario del bambino si anima diventando il suo migliore amico (Hobbes). In Italia le strisce di Watterson sono apparse su Linus, e soprattutto sono state raccolte dall'etichetta Comix in pregevoli volumi (in tutto una dozzina) il cui acquisto, purtroppo, potrebbe costringervi ad accendere un mutuo.

La vita editoriale di Calvin e Hobbes è stata relativamente breve, specie se paragonata a serie analoghe o messa in relazione al successo dei due personaggi: dopo dieci anni di vita (dal 1985 al 1995) Bill Watterson decise, con una scelta coraggiosa e coerente, di chiudere le loro avventure, rifiutando di battere la più comoda strada dello sfruttamento commerciale dei propri eroi.

Calvin

Calvin non è una simpatica canaglia. Certe sue uscite "taglienti" potrebbero farlo pensare, e farcelo indebitamente accostare a bambini terribili come Bart Simpson: niente di più sbagliato. Calvin è ironico e riflessivo, ma è anche molto "bambino". E' intelligente, curioso, vivace; capace di slanci profondi e di riflessioni inaspettate; a volte è dolce e a volte viene preso da smanie distruttive; a tratti temerario, a tratti pavido; spesso egoista, ma come lo sanno essere i bambini, per i quali esiste solo il "loro" mondo. Più in generale si può dire che la sua vita è un pressoché perenne sogno ad occhi aperti, con corollario di paure di mostri sotto il letto. Non è, insomma, l'ennesima "piccola peste" che va ad animare le scene fumettistiche.

Altro accostamento (questo decisamente più calzante) è stato effettuato verso i "Peanuts" di Schultz. Effettivamente il paragone qui ci sta tutto, anche per l'alto livello qualitativo dei due lavori, ma l'opera di Watterson ha una sua precisa peculiarità: il mondo anche qui è visto attraverso gli occhi di un bambino, ma se i ragazzini di Schultz sono lontani dal mondo adulto proprio in quanto "adulti in miniatura" (e vivono con maturità e disincanto un mondo distaccato ma pur sempre simile a quello dei genitori) Calvin trasfigura il mondo reale. La maestra non appare, ma diventa un mostro alieno; l'indesiderato minestrone non gli sembra, ma è un cibo alieno; e così pure quello che a noi può sembrare uno scatolone per Calvin è una macchina del tempo o un trasmutatore organico. Calvin stesso si trasforma in un dinosauro o in Spiff, intrepido esploratore spaziale, mentre i suoi genitori - che pure appaiono come persone razionali e sensibili nei suoi confronti - al massimo riescono a cogliere vagamente i voli della fantasia del loro piccolo, restandone a volte stupiti e a volte rassegnati. Calvin, insomma, non è un ribelle verso le convenzioni sociali e la monotonia del mondo degli adulti; semplicemente quelle convenzioni e quella monotonia gli sono estranei.

Hobbes

Abbiamo parlato di Calvin, ma pure Hobbes risulta un personaggio fondamentale, nei cui confronti è bene che il lettore eserciti davvero quella "sospensione dell'incredulità" sempre consigliata quando si parla di fumetti, non limitandosi a considerarlo come un pelouche che la sterminata fantasia di Calvin anima. Hobbes è davvero il migliore amico di Calvin, con lui divide ogni esperienza di giochi e di vita, e quando Calvin torna da scuola è un rito che Hobbes lo accolga "assalendolo" e travolgendolo (in una manifestazione di quell'affetto totale che ogni bambino vorrebbe).

L'allampanato e saggio Hobbes a volte condivide la travolgente energia di Calvin, a volte la controlla con la sua distaccata saggezza e con la sua ironia. Calvin, come già detto bambino istintivamente intelligente ma ancora ben ancorato alla puerilità dei suoi sei anni, sembra trasmettere proprio in Hobbes quella maturità che è destinato a raggiungere. E Hobbes risponde a questa esigenza da vero amico, alternandosi nei ruoli di compagno di giochi e - un po' più raramente - di fratello maggiore.

Il lavoro di Bill Watterson

Bill Watterson è incredibilmente bravo nel trasportare i lettori nel mondo di Calvin (badate bene: anch'io non ho parlato di "mondo di fantasia"!) portandoli alla totale condivisione delle sensazioni di un bimbo di sei anni. Il suo tratto, essenziale ed efficace, anima con genialità i vari personaggi, riuscendo a meraviglia nell'intenzione di fornirne un'identificazione precisa, che va al di là del singolo soggetto, creando dei veri e propri modelli dell'umanità incarnata dai protagonisti o dai vari comprimari.

Già, i comprimari: anche se l'asse portante delle avventure è l'amicizia "per la pelle" fra gli inseparabili Calvin e Hobbes, due parole sono da spendere per i comprimari. Troviamo Siusi (bambina concreta, grande "nemico" e contemporaneamente amore inconfessato - e ricambiato - di Calvin), l'odiata ed insensibile baby sitter Rosalyn, l'anziana maestra (severa e disorientata dalla esplosiva energia del piccolo allievo), e soprattutto i due genitori, amorevoli ma troppo legati alla concretezza ed alle occupazioni quotidiane per poter condividere davvero il mondo del figlio. A questo proposito voglio citare un episodio, tratto dal volume "C'è qualcosa che sbava sotto il letto". Calvin e Hobbes hanno scoperto un cucciolo di procione in giardino, già moribondo. Mentre Calvin, è preoccupatissimo la mamma gli dice di andare a chiamare il padre; nel frattempo lei resta assieme ad Hobbes a vegliare sul piccolo animale. Rimasta da sola la mamma, anche lei intenerita e dispiaciuta di fronte alla "piccola tragedia" che si sta consumando, confida la propria preoccupazione ad Hobbes, che nella vignetta appare (come in tutte le vignette che lo ritraggono assieme a personaggi "estranei" al mondo di Calvin) come un semplice pupazzo. Alla fine la madre esce con una sconsolata affermazione: "Quando comincio a parlare con te vuol dire che sono proprio sottosopra...".

Ho citato questo piccolo episodio perché mi sembra dimostrare il tatto con cui Watterson vuole farci intendere quanto il mondo di Calvin sia distante da quello di tutte le altre persone, anche di quelle che con lui dividono sinceri affetti. Attenzione: questa distanza non è quella fra "bambini ed adulti" tratteggiata nelle strisce di Schultz! Per intenderci, Hobbes appare come una tigre animata solo ed esclusivamente nelle vignette che lo ritraggono da solo o con Calvin, mentre quando appare chiunque altro (non solo adulti, ma persino l'amica Siusi o altri bambini), si ritrasforma in un oggetto inanimato.

Si parla spesso (a volte a sproposito) di "livelli di lettura" di un'opera a fumetti. Ebbene, nel caso di "Calvin e Hobbes" questo non è fuori luogo. Watterson riesce infatti a fondere l'analisi dell'universo infantile con tratti di analisi (e a tratti di garbata satira) sociale, sempre senza abbandonare quello che deve essere l'effetto primario di una strip: la comicità.

"Calvin e Hobbes" è tutto questo. Ed altro ancora, perché un fumetto del genere merita di sicuro analisi anche più estese, ma che correrebbero il rischio di annoiare il lettore. Ma una riflessione finale (un po' retorica, lo ammetto) la voglio fare: "Calvin e Hobbes" è anche e soprattutto nostalgia; nostalgia per quel mondo magico che anche noi abbiamo vissuto, quando la nostra creatività era esplosiva quanto quella di Calvin ed ogni esperienza si animava di stupore e di irripetibilità...

Se non sorridete leggendo le loro avventure è un brutto segno: vuol dire che la vostra innocenza è andata del tutto perduta, dimenticata, oppure sepolta sotto la catasta di convenzioni ed ipocrisie a cui i Calvin non vogliono ancora soccombere.

recensione di Francesco "MiticoBaro" Barilli

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