Ignota, multiforme e molteplice, continuamente cangiante, foriera di sorprese e rivelazioni. E allo stesso tempo rassicurante, prevedibile, affezionata, conosciuta, resa propria in un modo e con un'intensità che certamente, certissimamente non può condividere con nessun altro. Il lettore di lunga data e la Continuity sono un po' più che vecchi amici, non vi pare?

Non facciamone una questione di sciovinismo o di orientamento sessuale, per favore. Sto parlando di archetipi, di grandi numeri, di maggioranze - e, perché no, di struttura, di substrato, di concezione: il fumetto seriale made in USA nasce e prospera come lettura per giovani maschi etero (e, già che ci siamo, caucasici e giudeo-cristiani), e anche in tempi politicamente corretti come i nostri basta grattare un attimo sotto la superficie dei "personaggi di rappresentanza" per ritrovare tutti i luoghi comuni delle origini.

Ma torniamo al lettore. Il lettore affezionato è ormai rapito dalla Continuity, ne segue ogni passo e ognio cambio d'umore con apprensione e trepidazione, ne teme i cambiamenti radicali, li osteggia, ma ben presto (e quasi senza accorgersene) si abitua all'inevitabile, o al fatto compiuto, e la sua devozione ne esce rinnovata e rinforzata. La Continuity è di famiglia, se ne conosce ogni vizio e difetto (perdonati, anzi, così noti e familiari da suscitare affetto) e ogni modo di dire e di fare.

E` un meccanismo ben conosciuto e onnipresente, quello di affezionarsi ai personaggi, all'ambientazione di sfondo, ai topoi ricorrenti nelle storie e negli archi narrativi. Un meccanismo fatto di piccole cose, di aggiunte sottili, di caratteristiche distintive riprese al tempo giusto e messe in gioco ogni volta con la minima differenza necessaria a non far accigliare il lettore, di rimandi inaspettati a frammenti di trama perduti nel passato ma presenti, a qualche livello, nella memoria. Un meccanismo che è tutt'altro che esclusivo dei comics, la cui origine si perde parecchio indietro nel tempo (i romanzi di Dumas padre o la "commedia dell'arte", per fare esempi tutto sommato "recenti") e il cui utilizzo è onnipresente specie nelle produzioni d'oltreoceano - ma un meccanismo che i comics hanno evoluto e accresciuto in maniera esponenziale, fino ad arrivare all'incarnazione ultima.

La Continuity fanciulla ha due uncini fermamente confitti nel cuore di chi legge: da una parte agisce sulle emozioni, accumulando sui personaggi tanti strati di caratterizzazione da rendere solidi anche i comprimari più bidimensionali e filiformi, dando loro quella parvenza di umanità a cui il lettore non può non affezionarsi, e allo stesso tempo lasciando che un cast vasto ma mai tutto presente in scena vada ad insinuarsi tra le "figure familiari"; dall'altra stimola il piacere dell'esercizio intellettuale, lasciando che il lettore possa riconoscere collegamenti, ricorsi, bizzarri incastri di un mosaico più vasto e intrigante di qualsiasi trama di Agatha Christie, e col vantaggio di essere eternamente aperto ad aggiunte di nuovi tasselli al di là del bordo. "A ciascuno il suo", insomma.

Ma non è solo il lettore di lungo corso a subire il fascino da belle dame sans merci della Continuity fanciulla.

Da una parte, il peso di anni di complicatissimi intrecci può spaventare il lettore neofita; dall'altra, la curiosità suscitata da un mare di rimandi senza destinazione, che sembrano sottintendere un misterioso passato ad ogni passo, può facilmente avere la meglio; a quel punto il problema diventa meramente economico (un aspetto tutt'altro che trascurabile, ma di cui intendo parlare in altra occasione).

Con il consolidamento della Continuity, il fumetto americano (e la Marvel prima di tutti) ha creato il modello perfetto, il giocattolo a varianti infinite, il meccano della carta stampata. Certo, non è il lettore a decidere come incastrare i pezzi - non sulla carta stampata. Ma è libero di sognare e immaginare e diventare a sua volta subcreatore: è il fenomeno delle fan fiction che ormai dilagano sulla Rete, e che costruiscono a volte le loro stesse sottocontinuity in un processo generativo che non sembra aver fine. Ma anche di questo parleremo un'altra volta.

Anche l'altra faccia del comic-book, l'ineffabile Autore che si cela dietro una firma e magari una foto in capo all'editoriale, soccombe all'incanto della Continuity... e qui, a volte, cominciano i guai.

Innamorarsi della propria creazione è, in un certo senso, fisiologico; il problema nasce quando la propria creazione non è propria, ma condivisa - Pigmalione e Otello sono una coppia male assortita. L'Autore innamorato ha pochi scrupoli a riconquistare la sua (sua!) linea narrativa, anche con la violenza: lo chiamano retconning, e in poche parole significa cambiare le carte in tavola con rivelazioni che stravolgono il tessuto di una serie e cancellano (o rendono insignificanti) anni e anni di storie. Una pratica comune, che suscita nei lettori reazioni diverse (chi non apprezza gli stravolgimenti di un autore è certamente felice per la brutale restaurazione ad opera dell'autore successivo) ma che va a infrangere quel tanto o poco di valido che c'è dal punto di vista narrativo, riducendo il tutto ad una massa di archi incompiuti e linee spezzate.

Paradossalmente, al lettore medio il retconning non dà nemmeno troppo fastidio - cambiale l'acconciatura, mettile un vestito diverso, la Continuity resta comunque la Continuity. Le sottili differenze che ad un profano sembrano inezie trascurabili: ecco quello che fa montare in collera il lettore. Come ogni innamorato, anche il lettore ha i suoi feticci - guai a toccarli, è sacrilegio.

Dall'amore timido e tremebondo all'amor folle - non è difficile innamorarsi di Lei.

ulteriore delirio di Abe Zapruder

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